La rinascita dell’Alto Belice Corleone deal recupero delle terre confiscate alla mafia
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Progetto attuato dalla cooperativa Placido Rizzotto nelle terre confiscate dallo Stato alla mafia nell’Alto Belice Corleonese, nell’ambito del progetto generale di Libera, denominato “Libera Terra”
Il progetto Libera Terra nasce con l’obiettivo di valorizzare territori paesaggisticamente stupendi, fortemente caratterizzanti il paesaggio rurale, ma difficili, partendo dal recupero sociale e produttivo dei beni liberati dalle mafie, incentivando lo sviluppo economico locale attraverso una produzione agricola e rurale di prodotti di alta qualità con metodi rispettosi dell’ambiente, del paesaggio storicizzato e della dignità della persona. L’attività svolta, inoltre, si coniuga con l’educazione e la diffusione dei valori della democrazia promuovendo occasioni pubbliche di incontro e di divulgazione delle azioni attuate. Libera Terra, inoltre, svolge un ruolo attivo sul territorio, coinvolgendo altri produttori che condividono gli stessi principi e promuovendo la coltivazione biologica dei terreni.
La mission del progetto Libera Terra parte dai beni confiscati per dare dignità ai territori caratterizzati da una forte presenza mafiosa attraverso la creazione di aziende autonome, autosufficienti, durature, in grado di offrire lavoro, creare indotto positivo e proporre un sistema economico virtuoso, basato sulla legalità, sulla giustizia sociale e sul libero mercato. Alcune aree oggetto di intervento in oggetto ricadono all’interno o sono limitrofe alle seguenti aree di tutela: Riserva naturale orientata Serre de la Pizzuta, Riserva Naturale Orientata Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago. Il progetto nacque in un periodo in cui si stava sviluppando un movimento di ribellione culturale e sociale sull’onda emotiva del terrore suscitato dal periodo dello Stragismo in Sicilia: cittadini, associazioni, soggetti collettivi di vario orientamento politico e religioso, presero coscienza che non era più possibile delegare solo alla Magistratura o alle forze dell’ordine l’impegno contro il proliferare delle organizzazioni mafiose; occorreva sensibilizzare la cittadinanza ai principi costituzionali e alla legalità quotidiana; occorreva più di ogni cosa fare leva sul patrimonio economico mafioso, che aveva il potere di tenere sotto scacco intere fasce di popolazione. Non fu, dunque, casuale se il primo network di associazioni per il contrasto alla criminalità organizzata nacque con il nome di “Libera – Associazioni nomi numeri contro le mafie” e – soprattutto – che la prima iniziativa di rilevanza nazionale fu una raccolta di firme per introdurre il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati. La gestione di questi beni diventa una sorta di moderno “contrappasso”, per contrastare le attività della criminalità organizzata e diffondere quella cultura della legalità che si pone come il principale anticorpo delle mafie. La legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata ha dato vita in tutta Italia a cooperative agricole e centri culturali, portatori di posti di lavoro e nuova ricchezza nei luoghi dove prima era la mafia ad imporre i propri simboli. Libera Terra nasce nel 2001 grazie al progetto Libera Terra, promosso dall’associazione Libera e dalla Prefettura di Palermo. Le terre confiscate ai boss mafiosi del corleonese, in condizioni di abbandono e degrado ambientale e paesaggistico da anni , sono state recuperate alle loro funzioni originarie anche attraverso la bonifica di parte di esse usate come discariche abusive.
Le principali azioni consistono nel recupero di antiche economie locali e la riabilitazione di tradizioni rurali tipiche delle comunità dei centri abitati nell’area interessata dal progetto e prossimi a tale area. La Cooperativa opera sulle terre del Consorzio di Comuni “Sviluppo e Legalità” ove effettua l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, creando opportunità occupazionali ispirandosi ai principi della solidarietà e della legalità. Il metodo di coltivazione scelto sin dall’inizio è quello biologico e le produzioni sono tutte artigianali, al fine di garantire la bontà e la qualità dei prodotti che conservano il sapore antico della tradizione siciliana. Inoltre la cooperativa si impegna a sensibilizzare la popolazione locale sui valori umani di democrazia, legalità e condivisione sociale. I principali obiettivi del progetto sono: sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche e sui vantaggi , in termini socio-economici e occupazionali, che la gestione dei beni confiscati può generare sul territorio, definendo delle modalità di attuazione; sviluppare l’analisi della situazione effettiva dei beni confiscati nel territorio del corleonese in funzione della creazione di nuova occupazione e valorizzazione del territorio; creare opportunità lavorative per il territorio, con particolare riferimento a persone con disabilità ed a soggetti in condizione di marginalità sociale, attraverso processi d’inclusione; stimolare un fattivo coinvolgimento delle istituzioni presenti sul territorio; valutare le caratteristiche del tessuto associativo, dell’impresa sociale già esistente nel territorio e le sue potenzialità di sviluppo; attivare iniziative di animazione territoriale finalizzate a una maggiore conoscenza delle opportunità offerte da una corretta gestione dei beni confiscati; organizzare percorsi formativi volti all’acquisizione di capacità professionali nella gestione dei beni confiscati; svolgere attività di accompagnamento allo start up attraverso specifiche azioni quali: presa in carico di disoccupati di lunga durata, orientamento, selezione e formazione, costituzione d’impresa e tutoraggio; promuovere le esperienze e valorizzare i prodotti delle cooperative. Tali obiettivi rappresentano un passo molto importante nella lotta alla criminalità contribuendo alla nascita di una nuova coscienza civile, della dignità dell’individuo, del legame con il territorio in quanto valore culturale da tutelare e valorizzare e della consapevolezza delle opportunità che tali beni possono generare a livello occupazionale e di crescita economica del territorio.
Attraverso questo modello organizzativo è stato possibile sia recuperare e rivalutare le bellezze e le ricchezze del paesaggio sia riprendere e riaffermare delle tradizioni autoctone collegate alle attività produttive e rurali, in modo specifico connesse al lavoro sui campi (favorendo colture tipiche del territorio). In taluni casi sono state introdotte tecniche a risparmio energetico e sono state impiegate fonti rinnovabili. Sono state altresì utilizzate tecniche tese ad aumentare la biodiversità e a tutelare la fauna autoctona. L’attività produttiva ha coinvolto anche altri agricoltori locali allo scopo di diffondere il metodo di coltivazione biologico, tutelare il territorio e ridurre l’impatto ambientale dell’attività agricola. Ha favorito la sostenibilità economica dell’attività garantendo un reddito equo agli agricoltori anche allo scopo di contrastare l’abbandono delle campagne. L’attività produttiva ha coinvolto manodopera locale nel comparto agroalimentare recuperando e valorizzando attività artigianali (produzione di pasta secca di grano duro, vini, ecc.). Le attività di recupero delle tradizioni rurali locali, da tramandare alle future generazioni con il recupero dei manufatti e delle aree e quindi del paesaggio tipico siciliano, ha prodotto la crescita di un orgoglio di appartenenza, con la volontà di esportare anche a livello extranazionale oltre i prodotti della terra anche la storia dell’isola e la sua capacità di determinare un nuovo percorso di tale storia.
I fondi della Cooperativa oggetto del presente progetto sono dislocati su sette Comuni (Camporeale, Corleone, Monreale, Piana degli Albanesi, San Cipirello, San Giuseppe Jato), pertanto interessano differenti ecosistemi, nell’Alta valle del Belice. Le colture praticate sono per lo più seminativi, oltre a vigneti da vino ed oliveti. L’area presenta in alcuni casi (fondo in C/da Drago in agro di Corleone) superfici ricadenti in riserva naturale orientata o aree in corso di rinaturalizzazione nelle parti non coltivabili (C/da Pietralunga in agro di Monreale, C/da Jancheria in agro di Piana degli Albanesi). L’intera azienda è condotta in biologico già da diversi anni (dal 2002 la maggior parte dei fondi).
Di seguito sono riportate le esperienze realizzate grazie al modello organizzativo che ha dato vita al progetto Libera Terra. La prima esperienza è stata quella dell’Alto Belice Corleonese che ha favorito la nascita nel 2001 della cooperativa sociale “Placido Rizzotto – Libera Terra”. Sempre nell’area dell’Alto Belice Corleonese è sorta nel 2007 un’altra cooperativa sociale: “Pio La Terra – Libera Terra”. I comuni di Belpasso, Motta Sant’Anastasia, Ramacca e Lentini (in provincia di Catania e Siracusa ) ospitano, invece, la cooperativa sociale “Beppe Montana – Libera Terra”, nata nel 2010. L’ultima cooperativa nata in Sicilia nel 2012, è la cooperativa sociale “Rosario Livatino – Libera Terra”, nel comune di Naro, in provincia di Agrigento. Nel 2004 nasce in Calabria la cooperativa sociale “Valle del Marro – Libera Terra”. In Puglia, nel 2008 nasce la cooperativa sociale “Terre di Puglia – Libera Terra”. Nel 2009,in Campania, si costituisce la cooperativa sociale “Le Terre di Don Peppe Diana – Libera Terra”.
Il lavoro delle cooperative sui terreni confiscati ha portato alla produzione di olio, vino, pasta, taralli, legumi, conserve alimentari e altri prodotti biologici contrassegnati dal marchio di qualità e legalità “ Libera Terra”. I prodotti sono oggi forse il simbolo più visibile del riscatto alle organizzazioni mafiose che si alimenta di un lavoro tenace in ogni parte d’Italia grazie alla collaborazione di tante realtà, istituzioni, scuole, chiese, volontariato, mondo della cooperazione, dei sindacati e dell’imprenditoria. [www.libera.it].